lunedì 29 ottobre 2018

I DOLCI FRUTTI DEI NOSTRI ARBU


CASTAGNE E MARRONI CIBO PER CORPO E ANIMA NELLE FESTE DI OGNISSANTI


I nostri alberi di Castagno ( gli Arbu bovesani) che a giugno spargevano odor di miele dai lunghi amenti color del latte, quest'autunno ci han regalato grossi ricci pieni di tante belle e buone castagne che mai ci saremmo aspettati dopo lo spettro del cinipide fortunatamente sconfitto da un insetto antagonista, tal Torymus sinensis. Introdotto ad arte da nostri scienziati-agronomi scesi in campo conducendo un'efficace lotta biologica, nei boschi in collina tutto sembra tornato come prima.
E' stato un vero dono per tutti la guarigione insperata, in così breve tempo, di questa pianta importantissima. Ai suoi frutti, tra i più utili e 'pazienti nel mondo vegetale', la tradizione popolare attribuiva grandi virtù nutrizionali soprattutto in tempi di carestia quando, trasformati in farina, rimpiazzavano riso, pasta e altri cereali nelle povere tavole di contadini e montanari. Ricchi di carboidrati, forniscono infatti una scorta naturale di vitamine e sali minerali utili al sistema immunitario che, con il freddo, necessita di esser rafforzato.
Castagna, Castagno, Chatagno, Chastanha o Castanha, etc.etc., in occitano, piemontese e nei diversi patois. Tante le varietà locali, tra le più pregiate Carùn neir, Carùn rus (Boves) o le più semplici ma non meno gustose Balote, arrostite come 'caldarroste' o bollite, da provare anche mescolate al latte per un piatto antico molto energetico.
Ai più golosi piace il 'Castagnaccio', prodotto tipico dal sapore particolare, senza parlare dei meravigliosi Marroni o Marrun trasformati nei mitici 'Marrons glacés' , delizie del palato che han fatto assurgere la castagna, cenerentola dei boschi, dalla 'cucina povera' alla 'haute cuisine'.
Costosi e desiderati i pregiatissimi frutti vengono, attraverso una delicata e laboriosa lavorazione, canditi e poi glassati tutti interi senza romperli. Un vero e proprio 'cult' della pasticceria piemontese, nato intorno al '500 nel Cuneese dove si raccoglievano e tuttora si raccolgono i marroni da esportare in tutto il mondo. E come per i grandi vini, anche per i castagni da marroni son state fatte negli anni valutazioni in base al 'cru', ovvero in relazione alla zona geografica e all'esposizione delle terre d'origine in gran parte situate nel nostro bel territorio pedemontano.
Nella medicina popolare del Castagno si faceva uso di ogni sua parte: le foglie molto tanniche, venivano indicate per bronchiti e reumatismi, la corteccia come febbrifugo, ricci e castagne in decotto per le coliche.
Dei fiori si sa che, bottinati dalle api in primavera, producono un miele tra i più amati, di colore scuro e leggermente amarognolo, tonico ed energetico, ma soprattutto adatto ad essere gustato insieme ai formaggi e al salato.
'Togliere le castagne dal fuoco' è un modo per spiegare quello che oggi, con la globalizzazione, si definirebbe un'azione di 'problem-solving'.
Da sempre si è anche creduto che le castagne avessero una relazione con il mondo dell'aldilà. Si pensava che fossero i contenitori delle anime dei trapassati ed era usanza popolare, nelle Valli occitane, piemontesi e in Provenza, consumarle ritualmente durante la festa di Ognissanti e nel giorno successivo dedicato ai Defunti.
Tali credenze, a livello simbolico erano una sorta di interiorizzazione: il cibo dei morti, per una festa sacrale che cade in autunno, momento in cui si fa la raccolta di questi generosi frutti del bosco.
Una curiosa usanza popolare suggeriva, per la sera della vigilia, di mettere sotto il cuscino qualche bel marrone così da scoraggiare gli spiriti che altrimenti, in caso di dimenticanza da parte dei vivi, sarebbero ahimè tornati per tirar i piedi ai dormiglioni di scarsa memoria.


dall'ebook 'A San Giovanni tutte le erbe sono sante'