martedì 5 aprile 2022

I FIORI DELLA 'PRIMAVERA' DI BOTTICELLI

E dopo quasi tre anni di pandemia avevamo sognato una primavera straordinaria, non soltanto dal punto di vista meteo ma per la rinascita che ci si aspettava dopo malattia, morte, impossibilità di lavorare e studiare, così come avevamo fatto tutti a scuola con le compagne e i compagni. Non sembra andare in questo modo purtroppo, a causa della orribile guerra scatenata a fine febbraio da Putin, che ci coinvolge non soltanto emotivamente, sia per la vicinanza geografica all'Ucraina, invasa e martoriata, sia per la difesa di quei valori democratici per i quali molto era già stato dato nella seconda guerra mondiale. Uno scontro di civiltà, violento e inaspettato, 'ripugnante' come l'ha definito Papa Bergoglio, che ci fa arretrare su terreni scoscesi e pericolosi...ma la primavera non si ferma. E per esorcizzare il male di chi vuole privarci della bellezza, si vada alla fonte. A ristorarci è la Primavera delle primavere, il meraviglioso quadro di Sandro Botticelli, datato presumibilmente al 1482, anno del matrimonio tra Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici con Semiramide Appiani. Capolavoro assoluto che ci fa sentire quanto arte e cultura ci aiutino a superare i momenti difficili. Oltre alle sei mitiche figure femminili, con il ventre leggermente gonfio nella dolce e perfetta curva della stagione della fecondità, protagoniste del dipinto sono le innumerevoli specie vegetali rappresentate. Gran parte di esse, come annotato negli studi fatti, sono tipiche della Toscana per l'evidente scelta del Botticelli di raffigurare esclusivamente quelle al fine di valorizzare il patrimonio botanico dei giardini della Villa Medicea di Castello, residenza alla quale la Primavera era destinata. Un importante contributo a questo proposito è arrivato, nel 1984, dal direttore dell’Orto Botanico di Firenze e del Museo Botanico dell’ateneo fiorentino che, terminato il restauro del dipinto, colse l’occasione per approfondirne gli studi. “La componente botanica” sottolineava Guido Moggi “costituisce uno degli elementi più appariscenti e caratterizzanti dell’opera. Vi sono infatti rappresentate numerose specie, alcune corrispondenti a piante vere, altre a elementi più o meno immaginari o stilizzati”. Il maggior numero di esse sono presenti nel leggiadro prato su cui si muovono, come in una danza, le figure protagoniste della scena, mentre minor risalto vien dato alle piante da frutto. Ciò con il preciso intento di celebrare il periodo dell’anno in cui dominano i fiori, in particolare i mesi di marzo, aprile e maggio. Altre divagazioni riguardano, ad esempio, ritratti di un fiore appartenente a una specie con le foglie di un diverso genere, oppure fiori e frutti insieme, come nel particolare degli alberi d'arancio portanti sia i frutti che le zagare. Ben circa 500 gli esemplari, dei quali una settantina sarebbero semplici ciuffi d’erba (graminacee e ciperacee). I restanti da dividersi in piante non fiorite, oltre duecento, e piante fiorite. Di queste ultime, riconosciute con certezza almeno centotrentotto riconducibili a circa trenta varietà differenti. Sul prato leggiadro più numerose sono le margherite, che compaiono cinquantacinque volte, e le viole, quarantasei volte, entrambe crescono spontanee, quanto mai emblematiche della bella stagione e simboli d’amore. La margherita con il tipico gioco del ' m'ama o non m'ama ' per scoprire se il proprio sentimento è ricambiato dall'amante, e la viola sacra aVenere che, alla sua nascita, sarebbe stata incoronata proprio con profumate mammole. Troviamo poi una gran varietà di fioriture diverse ai piedi della stessa Venere, che compare avendo alle spalle un grosso cespuglio di mirto, pianta a lei sacra. Ci sono tante rose, la maggior parte quelle che Flora, la Primavera, porta in grembo e sparge sul prato. Sotto i piedi della dea c'è l'elleboro, fiore che si credeva potesse prolungare la giovinezza, attributo di Venere, o che curasse la follia. E si sa come l’amore, soprattutto se non corrisposto, possa indurre in tale stato d’alterazione. Accanto all’elleboro si vedono fiori di viperina azzurra, antico rimedio al morso del serpente, che fiorisce agli inizi di maggio, ulteriore rimando al matrimonio di Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici. Poi farfara o tossilaggine, fragole, muscari, papavero, fiordaliso e altri fiori profumati come gelsomino e giacinto. Iris, nigella, ranuncoli, fiori dappertutto sul bellissimo abito di Flora Mater e sul volto dell'incantevole Chloris, ninfa greca campestre insidiata da Zefiro. Sacralità e vitalità insieme, nelle affascinanti figure preposte al risveglio primaverile o, come poeticamente recita Ovidio, a tutto ciò che deve sbocciare 'quae rebus florescendis praest' ,'la gioventù, i sensi amorosi e le belle speranze'.