'Io nell'immenso voglio
tornare a me,
già mi fiorisce il colchico autunnale dell'anima,
forse è già troppo tardi per tornare.'
Alcuni versi autunnali della poetessa tedesca Else Lasker-Schuler da 'Fuga dal mondo' in 'Ballate ebraiche e altre poesie' - Giuntina 1985 - traduzione di Maura Del Serra (cantosirene.blogspot.com)
lunedì 24 settembre 2018
domenica 23 settembre 2018
ELEGANTE E VELENOSO IL COLCHICO ANNUNCIA L'AUTUNNO
Quest'anno
in collina il leggiadro Colchico
è apparso prima del solito, non ancora iniziato l'autunno
astronomico. Nei prati al limite del bosco stilizzati mazzetti di
fiori lilla, sparsi qua e là da naturale grazia, illuminati da un
sole ora pallido e radente annunciano che “
i migliori giorni son passati”.
Anche se ancora tanti sono i doni che la foresta ci riserva in
questo periodo ricco di bacche colorate, noci e castagne.
Un
po' malinconica la simbologia, fin dall'antichità attribuita al
Colchico autunnale, di fiore funerario. Infatti, pur tra i più
belli che la flora spontanea ci offre come regalo d'addio nella tarda
estate, contiene un pericoloso alcaloide, la colchicina. Recentemente
ha mietuto due vittime, marito e moglie veneziani, che durante una
passeggiata in montagna, scambiandolo per
Zafferano
di cui è quasi indistinguibile, ne han fatto uso alimentare.
Originario,
come narra il suo nome, della Colchide patria della mitica Medea,
localizzata nell'est della Georgia sul Mar Nero, è uno dei fiori
spontanei emblema anche dell'unione matrimoniale. E pure su
quest'ambivalenza archetipica di ' amore e morte' ( meno
psicoanalitico ma divulgato nel detto popolare ' il matrimonio è la
tomba dell'amore') si gioca la nomea del piccolo velenoso ed
elegantissimo
Colchicum autumnale,
famiglia delle Liliaceae, anche noto come freddolina, giglio matto,
falso zafferano o
Zafferano bastardo
per la grande somiglianza con la pianta del Crocus sativus da cui si
trae la pregiata spezia gialla-oro regina dei nostri risotti.
In
occitano
Anoulha o Anoulho, Cocut vei (Robilante),
Velharòla
(Mistral)
molto simile al francese
Veilleuse o Veillote (forse
occitano) dal termine
Velha,
veglia che iniziava solitamente in autunno e in Provenza il primo
settembre a San Lupo (F.Romano).
Curiose
anche alcune dizioni popolari piemontesi come
sfergiurin-a, fergiulin-a, fridulin-a,
ad indicare il fiore che sboccia coi primi freddi, o il più
drastico 'strossa can'. Quest'ultima riguarderebbe in modo
particolare i cani da caccia che talvolta morivano, si pensa, per
l'ingestione spontanea o indotta di questa pianta utilizzata, spesso
e volentieri, nelle micidiali polpette per eliminare animali non
graditi.
Fortemente
tossico, come
necessario sottolineare per la presenza di diversi alcaloidi, il
principale dei quali la già citata colchicina rappresenta un veleno
se ingerito in quantità anche minima: 3 cg. sottotitola alla voce
Colchico il
Valnet,
pari a qualche seme. Per un bimbo potrebbe essere fatale anche un
solo seme che, come il bulbo, è la parte della pianta più ricca di
alcaloide tossico.
Bovini,cavalli
e animali di grossa taglia che pascolano in libertà, raramente se ne
cibano mentre pecore e capre, assai resistenti , possono ingerirne
senza pericolo ma il loro latte e i formaggi derivati non sono più
commestibili.
Un
antidoto contro questo potente veleno chiamato
'ephemero',
secondo Dioscoride, sarebbe la polpa di castagna. Si dà il caso che
colchico e castagna maturino nello stesso periodo e nelle stesse zone
sicché possano interagire. Anche in questo abbinamento, certo non
casuale, madre-natura ci mostra quella dote di 'buon
senso'
che spesso vien meno agli esseri cosiddetti razionali.
Oculatissimo,
come si può ben capire, l'utilizzo di questa pianta nella farmacopea
e nell'omeopatia, affidandone l'uso esclusivamente a medici che lo
raccomandano talvolta per la gotta o per preparazioni antitumorali
(L.O.Speciani). In quest'ultimo caso l'alcaloide agirebbe come
anti-degenerativo delle cellule cancerogene inibendone la
moltiplicazione.
Nel
libro 'Val
Mairo, viéio suhour'
di Pietro Ponzo, editato da Coumboscuro, il termine
'Bouvét'
tratto
dalla tradizione popolare , si riferisce a un particolare impiastro
col bulbo di colchico intero, schiacciato fresco, per applicazioni
esterne su parti del corpo doloranti per l'irritazione dei nervi.
Rassicura
in questo caso constatare che anche un veleno - a saperlo usare –
può essere di aiuto, a conferma che nella vita “non
sempre tutto il male vien per nuocere”.
domenica 16 settembre 2018
E' LA FESTA DI ILDEGARDA
IL 17 SETTEMBRE SI CELEBRA LA GRANDE HILDEGARD VON BINGEN MONACA BENEDETTINA E SCIENZIATA, MUSICISTA E FILOSOFA, NATURALISTA E BOTANICA, VISSUTA NEL X° SECOLO MA ANCOR OGGI DI GRANDE ATTUALITA'.
La data della Festa si riferisce al giorno della sua morte non solo perchè non si conosce quello della sua nascita, ma anche per indicare che la scomparsa terrena può essere una rinascita verso l'eternità e l'Immortalità.
La data della Festa si riferisce al giorno della sua morte non solo perchè non si conosce quello della sua nascita, ma anche per indicare che la scomparsa terrena può essere una rinascita verso l'eternità e l'Immortalità.
giovedì 13 settembre 2018
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