I
nostri alberi di Castagno
( gli Arbu
bovesani) che a giugno spargevano odor di miele dai lunghi amenti
color del latte, quest'autunno ci han regalato grossi ricci pieni di
tante belle e buone castagne che mai ci saremmo aspettati dopo lo
spettro del cinipide fortunatamente sconfitto da un insetto
antagonista, tal Torymus sinensis. Introdotto ad arte da nostri
scienziati-agronomi scesi in campo conducendo un'efficace lotta
biologica, nei boschi in collina tutto sembra tornato come prima.
E'
stato un vero dono per tutti la guarigione insperata, in così breve
tempo, di questa pianta importantissima. Ai suoi frutti, tra i più
utili e
'pazienti
nel mondo vegetale',
la tradizione popolare attribuiva grandi virtù
nutrizionali
soprattutto in tempi di carestia quando, trasformati in farina,
rimpiazzavano riso, pasta e altri cereali nelle povere tavole di
contadini e montanari. Ricchi di carboidrati, forniscono infatti una
scorta naturale di vitamine e sali minerali utili al sistema
immunitario che, con il freddo, necessita di esser rafforzato.
Castagna,
Castagno, Chatagno, Chastanha o Castanha,
etc.etc.,
in occitano, piemontese e nei diversi patois.
Tante le varietà locali, tra le più pregiate Carùn
neir, Carùn rus (Boves)
o
le più semplici ma non meno gustose
Balote,
arrostite come 'caldarroste' o bollite, da provare anche mescolate al
latte per un piatto antico molto energetico.
Ai
più golosi piace il
'Castagnaccio',
prodotto tipico dal sapore particolare, senza parlare dei
meravigliosi Marroni o Marrun trasformati nei mitici
'Marrons glacés' ,
delizie del palato
che han
fatto assurgere la castagna, cenerentola
dei boschi,
dalla
'cucina povera'
alla 'haute
cuisine'.
Costosi
e desiderati i pregiatissimi frutti vengono, attraverso una delicata
e laboriosa lavorazione, canditi e poi glassati tutti interi senza
romperli. Un vero e proprio
'cult'
della
pasticceria piemontese, nato intorno al '500 nel Cuneese dove si
raccoglievano e tuttora si raccolgono i marroni da esportare in tutto
il mondo. E
come
per i grandi vini, anche per i castagni da marroni son state fatte
negli anni valutazioni in base al
'cru',
ovvero in relazione alla zona geografica e all'esposizione delle
terre d'origine in gran parte situate nel nostro bel territorio
pedemontano.
Nella
medicina popolare del Castagno si faceva uso di ogni sua parte: le
foglie molto tanniche, venivano indicate per bronchiti e reumatismi,
la corteccia come febbrifugo, ricci e castagne in decotto per le
coliche.
Dei
fiori si sa che, bottinati dalle api in primavera, producono un
miele tra
i più amati, di colore scuro e leggermente amarognolo, tonico ed
energetico, ma soprattutto adatto ad essere gustato insieme ai
formaggi e al salato.
'Togliere
le castagne dal fuoco' è
un modo per spiegare quello che oggi, con la globalizzazione, si
definirebbe un'azione di 'problem-solving'.
Da
sempre si è anche creduto che le castagne avessero una relazione
con il mondo dell'aldilà. Si pensava che fossero i contenitori delle
anime dei trapassati ed era usanza popolare, nelle Valli occitane,
piemontesi e in Provenza, consumarle ritualmente durante la
festa di Ognissanti e
nel giorno successivo dedicato ai Defunti.
Tali
credenze, a livello simbolico erano una sorta di interiorizzazione:
il cibo
dei morti,
per una festa sacrale che cade in autunno, momento in cui si fa la
raccolta di questi generosi frutti del bosco.
Una
curiosa usanza popolare suggeriva, per la sera della vigilia, di
mettere
sotto il cuscino qualche bel marrone
così da scoraggiare gli spiriti che altrimenti, in caso di
dimenticanza da parte dei vivi, sarebbero ahimè tornati per tirar i
piedi ai dormiglioni di scarsa memoria.
dall'ebook 'A San Giovanni tutte le erbe sono sante'
Nessun commento:
Posta un commento