Dopo
anni in cui se ne era persa traccia per colpa dei diserbanti, i rossi
papaveri sono tornati nuovamente a infestare festosamente i nostri
campi! Meno fitti e invasivi di quando eravamo bambini, e nemmeno
folti come li dipinse Monet (era il 1873) leggiadri e scossi dal
vento ad Argenteuil. Meglio che niente, purché il nostro amatissimo
papavero, il Papaver
rhoeas L.
“intensamente
semplice, intensamente floreale, tutto seta e fuoco”
come lo descrisse John Ruskin, sia di nuovo presente e
ci rassicuri che l'estate, nonostante i disastri climatici, è sempre
'la bella stagione'.
Assai
rari i papaveri bianchi o viola-rosati, rarissimi i gialli delle
specie
'P.alpinum',
sono invece i comuni papaveri selvatici a prendersi la scena tra
luglio e agosto. Con impalpabili corolle rosso fuoco a quattro larghi
petali macchiati di scuro dai tanti stami nerobluastri, ondeggiano
sui pelosi fusti colmi di lattice tingendo di allegria i terreni più
poveri e i campi assolati.
Anche
noti come rosolacci,
'li rousello fan faire de gros iòu i galino' si
diceva in Languedoc ai tempi di Mistral, e anche
paraplèu.
In occitano anche
'Donno'
(Sampeyre)
con alcune varianti nelle varie vallate alpine:
Dono, Madono
(Aisone),
Bela dona (Argentera),
Madonna, Madonne, Fiore della madonna (Chiomonte),
Dona (Entracque),
Cara madonno (Monte
Rosso Grana), Signora
(Novalesa),
Madone rosse (Oncino),
Madonne
(Piasco),
Madone (Villar
Pellice),
( Atlante Linguistico Canobbio & Telmon ).
A
Boves il 'guinness'
per la dizione più stramba:
Donapapala,
come
ci segnala il prezioso glossario di Fausto Giuliano e A.Ruiu. Forse
un ricordo della medicina popolare che proponeva il papavero come
blando decotto bechico e sedativo da mescolare perfino alla pappa dei
neonati per farli dormire quando in estate le donne dovevano lavorare
nei campi oltre a sbrigare le faccende domestiche. E proprio dal
celtico
'papa' sembra
origini il suo nome. Infatti tra le prerogative del Papavero
comune,
e non soltanto del tipo
P.
somniferum,
spontaneo
in Asia con proprietà narcotico-stupefacenti, vi è quella di
aiutare la distensione e indurre il sonno in chi ne faccia uso,
caratteristiche che l'hanno associato nell'immaginario popolare a
difetti quali pigrizia, misantropia e mollezza di carattere.
L'attribuzione di questa erbacea alla figura femminile si riferisce sicuramente alla
straordinaria fertilità del fiore che mediamente produce da
diecimila a ventimila semi, vitali per circa 40 anni, germinanti su
stimolo luminoso in autunno. Quanto al richiamo sacro alla Madonna
osserviamo come, in men che non si dica, boccioli e capsule di
papavero possono esser trasformati, con un po' di abilità manuale e
di fantasia, in graziose 'madonnine' . Talvolta per motivi ludici
(chi non ha mai giocato da piccolo a creare bamboline e ballerine
rovesciandone la corolla a mo' di gonnella per evidenziarne la capsula a busto di damina ?) e nelle tradizioni
folcloriche per addobbi ed ornamenti con funzioni apotropaiche.
Il
papavero non ha profumo ma dai suoi petali ricchi di antociani si
ricava una tintura rossa usata molto per i tessuti. Colore del fuoco
e simbolo del potere, stigmatizzato nella leggenda romana da
Tarquinio il Superbo che fece abbattere i papaveri più alti del suo
giardino quale monito verso i cittadini che avevano osato minare il
suo regno. Stessa strategia resa popolare molti secoli dopo nella
canzonetta “Papaveri
e papere”,
classificatasi al secondo posto al Festival di Sanremo del 1952, in
cui i politici vengono paragonati a 'papaveri'
che
'son alti, alti, alti'.
In cucina, luogo di poteri
meno arroganti e certo più intriganti, del papavero vengono usati i
minuscoli semi per aromatizzare pane e dolci oltre che per trarne,
dalla spremitura, un olio con notevoli qualità dietetiche. Anche le
foglie primaverili stufate costituiscono un originale ingrediente per
farcire sfiziose focacce e crèpes, oppure semplicemente come
raffinato contorno per carni o altro, ottimo sostituto dei più
affermati spinaci.
Apprezzabile seppur meno
noto è il delizioso liquorino fatto con petali di papavero e
cannella, gradevole da sorseggiare dopo una cenetta, possibilmente in
casa poiché digestivo ma lievemente soporifero.
Dall'ebook 'A SAN GIOVANNI TUTTE LE ERBE SONO SANTE'
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