Per gli antichi Celti rappresentava il sole nell'equinozio di primavera. E ben lo capisce chi abbia percorso un sentiero fra le ginestre in un giorno sereno, per quel senso di immersione totale nella luce solare incarnata in un giallo talmente intenso da abbacinare lo sguardo. I graziosi fiori, ricercati dalle api, posano su eleganti fusti stilizzati e senza foglie, graficamente puri, composti in mazzi rustici di grande leggiadria pur nella loro selvaticità, emanando una fragranza lieve e penetrante, il profumo del sole e dell'estate.
Fin dai tempi antichi la Ginestra o Genista era assai nota negli usi popolari, non tanto alimentari (perché parzialmente tossica a causa di alcuni suoi alcaloidi, in particolare la sparteina) bensì artigianali quali l'uso tintorio o per ricavarne le fibre per corde o sacchi, indumenti, calzature e scope (nella tradizione nordica erano di ginestra le scope delle streghe). Il Mattioli, scienziato senese del sedicesimo secolo, elenca tra gli scopi non medicinali della pianta anche quelli di far da esca al fuoco dei 'villani' e di essere utile per 'legar le vigne' .
Delicata da maneggiare in medicina (non certo adatta ad un familiare 'fai da te') per la pericolosità di alcuni suoi componenti tra i quali una particolare resina dalle proprietà vasocostrittrici, chiamata un tempo 'adrenalina vegetale', che aumenta la pressione arteriosa. Pertanto solo su prescrizione medica può essere utilizzata come tonicardiaco, diuretico, purgativo, antivelenoso. A conferma di quest'ultimo uso, è curioso ricordare come nell'antichità i pastori avessero notato che le pecore morse dalle vipere restavano indenni se avevano brucato la ginestra. Meno problematico l'utilizzo del ginestrino anche detto ginestrina, trifoglio giallo a cui vengono attribuite capacità sedative simili a quelle della passiflora.
E' proprio dal celtico 'gen' ovvero 'cespuglio' che origina il suo nome associato alla stirpe angioina dei Plantageneti (da 'planta genista' nome medioevale della ginestra) di cui cui si ricorda Goffredo il Bello che ne portava sul cappello un ramoscello. E ancora, sempre tra leggenda e storia, un altro Plantageneto Goffredo V Duca d'Angiò, fondatore della stirpe per aver inserito questa pianta nel suo stemma, pare espiasse la propria colpa di fratricidio fustigandosi con rami di ginestra. Mentre nel 1234 san Luigi fondò in Francia l'Ordine della ginestra col motto 'Dio innalza gli umili', che allude con evidenza alla propensione e alla capacità di questa leguminosa di vivere e prosperare in terreni sassosi, aridi e scoscesi, poveri di acqua e di sostanze nutrienti. Icona di valori come resilienza, forza e dignità, da qui tutta una serie di simboli araldici che si rifecero alle virtù di questa pianta, anche nei secoli successivi.
Consacrata nella letteratura da Giacomo Leopardi “Tuoi cespi solitari intorno spargi, / Odorata ginestra, / Contenta dei deserti.” Allegoria senza tempo, attualizzata dalla pandemia che ci affligge, quella del 'fior gentile' che, senza pretese, si adatta alle difficoltà abbarbicandosi a quel poco che trova. Un travalicare la desolazione dell'esistenza, nonostante la fragilità delle condizioni esterne, con la soavità del profumo e della luminosità che questa pianta solare riesce a espandere verso il cielo e verso l'alto.
Distinguere tra le numerosissime specie indicate come Ginestre sarebbe arduo ma tra di esse meritano una citazione almeno quelle, così connotate, che abbondano comunemente lungo le nostre zone alpine e prealpine, sia sul versante interno che in quello che guarda il mare. Ed è proprio lungo quest'ultimo che, largamente naturalizzata e in espansione, troviamo la rustica e robusta Ginestra comune anche nota come Ginestra odorosa o di Spagna (Spartium junceum) dall'aspetto nudo perché le sue foglie cadono poco dopo esser spuntate, mentre altre colonie di Fabaceae spontanee ci mostrano la Ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius) dai fiori un po' più grandi, usato per fare scope o legna e carbone, diffusa anche in Alta Langa; la Ginestra genovese (Genista januensis) dalla fioritura precoce e distinguibile per i giovani fusti triangolari, nonchè l'inconfondibile Sparzio spinoso (Calicotome spinosa) impenetrabile perché, lo dice il nome, spinosissimo quanto il cosiddetto Ginestrone (Ulex europaeus) re dei prati e degli incolti, usato un tempo come combustibile. In Liguria le ginestre vengono chiamate indistintamente anche Ciantagalettu (Cantagalletto), forse per l'aspetto del fiore vagamente riconducibile a cresta e bargigli. Un' attenzione particolare merita la Ginestra cenerina (Genista cinerea) così chiamata per l'aspetto conferitole da un'impercettibile peluria di cui è ricoperta: questa specie diffusa nell'area mediterranea (Provenza e Ponente ligure) si estende in Piemonte, tra le Alpi Marittime e le Cozie meridionali, nel nostro meraviglioso territorio naturalistico (lo Viol dal Genisté a San Michele di Prazzo) considerato il più a nord d'Europa per questa leguminosa. Altre varietà che si rifanno alle Genisteae, a volte anche erbacee, ginestrelle e ginestrini, presenti in collina e in montagna, oltre al classico giallo oro, variano per le colorazioni che vanno dal bianco al lilla, dal rosa al rosso corallo, di grande effetto decorativo nei giardini all'inglese.
(Gloria Tarditi per 'di fiore in fiore' su Dragone del luglio 2020)
Nessun commento:
Posta un commento