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Virasul o Dente di Leone in fiore |
Nonostante
il brutto momento che stiamo passando a
causa
del corona-virus la primavera non si ferma. Sta fiorendo il Tarassaco che spontaneo
nasce ovunque, negli incolti o ai margini della strada, tra le
fessure del cemento e nelle vigne. Tappezza con i suoi fiori, piccoli
soli dai raggi dorati, prati e pascoli fino e oltre i 1500 di quota.
Infestante, quindi estremamente diffuso in natura, il
Dente
di leone
non
richiede perciò di essere coltivato nonostante le molteplici qualità
alimentari e terapeutiche.
Già
battezzato dai latini ' Dens
leonis', dagli
inglesi trasformato nel suggestivo e scampanellante 'Dandelion',
il
Tarassaco
(taraxacum
officinalis) della
famiglia delle
Asteracee, è
conosciuto anche come Soffione per la caratteristica trasformazione
del fiore in palla piumosa di frutti, gli acheni con pappo.
Noto
in Francia come
Pissalit
(ma
piscialetto, pisalet e pisciacane, pisacan,
si usa anche da noi), per le sue indiscusse virtù diuretiche, in
gergo è impropriamente noto come girasole,
in occitanoVirasol
o
Virasoulei,
Virasulai
o Virasul
(Boves), per le qualità eliotrope del suo disco giallo che rincorre
la luce solare, rinchiudendosi al tramonto e riaprendosi all'alba,
salvo in caso di brutto tempo. Mourpousìn
in
Val Maira (Ponzo), tradizione vuole che il suo orario di apertura e
chiusura, rispettivamente alle cinque del mattino e alle venti di
sera, sia considerato un vero e proprio orologio naturale per i
pastori oltre che un sicuro barometro.
Indicato
dal Mattioli, insigne medico e umanista del '500, tra le piante più
adatte all'alimentazione umana, in cucina è ottimo per frittate o
minestre primaverili. Ma è anche prelibato gustarlo nell'insalata di
'girasoli', fatta con le prime tenere fogliette nuove, condita
insieme all'uovo sodo con olio e limone, tra i cibi più tipici delle
scampagnate pasquali. E' ovviamente una verdura selvatica (sicoria
servaja
in piemontese) da raccogliersi ai primi sentori di primavera,
rigorosamente con coltello alla mano e sacchetto di carta, a naso in
giù per prati e incolti purché lontani da strade o luoghi
inquinati.
Ma
del tarassaco sono commestibili anche le ottime radici carnose, sia
crude che lessate, dette fittonose
perché
a fittone,
da cui si ottiene un surrogato del caffè soprattutto in uso nei
periodi di guerra, nonché i delicati fiori, che in alcune ricette
nelle Alpi Marittime si trasformano in una sfiziosa gelatina detta
'miele senza api'.E perfino i primi boccioli teneri che, messi in
salamoia o sottaceto, nulla hanno da invidiare ai più pregiati
capperi.
La
moderna fitoterapia ha poi valorizzato oggi gli svariati impieghi di
questo fitocomplesso, ricco di integratori naturali come inulina,
colina e inosite, vitamine e sali minerali, per cure disintossicanti
'primaverili'. Particolarmente prescritto per fegato e reni sui quali
agirebbe con una spiccata azione digestiva e diuretica, un vero e
proprio drenaggio a livello epatobiliare e renale, tale da essere
definita 'tarassacoterapia'.
Tante
le virtù di questa erbacea, tra le più umili e popolari, facile da
riconoscere fin da quando si è bambini per le semplici e gratuite
attività ludiche che ci ha regalato, soprattutto nella terza fase
del suo sviluppo quando -dopo la rosetta basale delle foglie nuove e
dopo il ligulato fiore giallo - si trasforma in piumoso soffione.
( da 'A San Giovanni tutte le erbe sono sante' ebook in rete )
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