giovedì 2 aprile 2020

Il Tarassaco o Dente di Leone, poche pretese e molte virtù

Virasul  o  Dente di Leone  in fiore


Nonostante il brutto momento che stiamo passando a causa del corona-virus la primavera non si ferma.  Sta fiorendo il  Tarassaco che spontaneo nasce ovunque, negli incolti o ai margini della strada, tra le fessure del cemento e nelle vigne. Tappezza con i suoi fiori, piccoli soli dai raggi dorati, prati e pascoli fino e oltre i 1500 di quota. Infestante, quindi estremamente diffuso in natura, il Dente di leone non richiede perciò di essere coltivato nonostante le molteplici qualità alimentari e terapeutiche.
Già battezzato dai latini ' Dens leonis', dagli inglesi trasformato nel suggestivo e scampanellante 'Dandelion', il Tarassaco (taraxacum officinalis) della famiglia delle Asteracee, è conosciuto anche come Soffione per la caratteristica trasformazione del fiore in palla piumosa di frutti, gli acheni con pappo.
Noto in Francia come Pissalit (ma piscialetto, pisalet e pisciacane, pisacan, si usa anche da noi), per le sue indiscusse virtù diuretiche, in gergo è impropriamente noto come girasole, in occitanoVirasol o Virasoulei, Virasulai o Virasul (Boves), per le qualità eliotrope del suo disco giallo che rincorre la luce solare, rinchiudendosi al tramonto e riaprendosi all'alba, salvo in caso di brutto tempo. Mourpousìn in Val Maira (Ponzo), tradizione vuole che il suo orario di apertura e chiusura, rispettivamente alle cinque del mattino e alle venti di sera, sia considerato un vero e proprio orologio naturale per i pastori oltre che un sicuro barometro.
Indicato dal Mattioli, insigne medico e umanista del '500, tra le piante più adatte all'alimentazione umana, in cucina è ottimo per frittate o minestre primaverili. Ma è anche prelibato gustarlo nell'insalata di 'girasoli', fatta con le prime tenere fogliette nuove, condita insieme all'uovo sodo con olio e limone, tra i cibi più tipici delle scampagnate pasquali. E' ovviamente una verdura selvatica (sicoria servaja in piemontese) da raccogliersi ai primi sentori di primavera, rigorosamente con coltello alla mano e sacchetto di carta, a naso in giù per prati e incolti purché lontani da strade o luoghi inquinati.
Ma del tarassaco sono commestibili anche le ottime radici carnose, sia crude che lessate, dette fittonose perché a fittone, da cui si ottiene un surrogato del caffè soprattutto in uso nei periodi di guerra, nonché i delicati fiori, che in alcune ricette nelle Alpi Marittime si trasformano in una sfiziosa gelatina detta 'miele senza api'.E perfino i primi boccioli teneri che, messi in salamoia o sottaceto, nulla hanno da invidiare ai più pregiati capperi.
La moderna fitoterapia ha poi valorizzato oggi gli svariati impieghi di questo fitocomplesso, ricco di integratori naturali come inulina, colina e inosite, vitamine e sali minerali, per cure disintossicanti 'primaverili'. Particolarmente prescritto per fegato e reni sui quali agirebbe con una spiccata azione digestiva e diuretica, un vero e proprio drenaggio a livello epatobiliare e renale, tale da essere definita 'tarassacoterapia'.
Tante le virtù di questa erbacea, tra le più umili e popolari, facile da riconoscere fin da quando si è bambini per le semplici e gratuite attività ludiche che ci ha regalato, soprattutto nella terza fase del suo sviluppo quando -dopo la rosetta basale delle foglie nuove e dopo il ligulato fiore giallo - si trasforma in piumoso soffione.
Sarà capitato a tutti di emulare 'Eolo' (il pagano dio del vento) e con un forte soffio aver fatto volare in aria i leggeri acheni, contenitori dei semi e oracoli gentili del nostro futuro profetizzato dal bianco fiocco del tarassaco. Amori, anni di vita, altri interrogativi e non solo. Anche l'evocazione degli spiriti, oltre alla divinazione, come ci suggerisce l'Erboristeria magica. Ma in quel soffio, puro divertimento e poetico gioco infantile, forse non si è stati mai coscienti di aver contribuito in qualche modo alla disseminazione di una specie. Perché come i sogni o come le bolle di sapone, quei perfetti minuscoli paracaduti peluginosi dall'argenteo color di nebbia han preso il volo verso distanze incredibilmente lontane, anche centinaia di chilometri, per riprodursi da qualche altra parte sulla nostra bella terra. 

( da  'A San Giovanni tutte le erbe sono sante' ebook in rete )


















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