QUEI MAZZOLINI DI SAN GIOVANNI
Il racconto dei mazzolini di erbe usati per propiziare la sorte e allontanare il malocchio ha radici antiche legate ancor prima del San Giovanni, grande ricorrenza di ogni estate, innesto cristiano di riti pagani dedicati al sole. Si festeggia pochi giorni dopo il solstizio, la giornata più lunga dell'anno che cade il 20 o il 21 giugno a seconda degli anni. E' proprio in questo breve lasso di tempo, tre/quattro giorni durante i quali il sole sembra 'sostare nel cielo' all'apice del suo ciclo, che l'effetto benefico dei suoi raggi su piante e fiori si fa più potente.
Nel calendario contadino il momento magico era dato anche da quella che veniva detta Luna delle erbe o Luna d'estate, in corrispondenza al novilunio del mese di giugno, una congiunzione astrale foriera di energie rigeneratrici per la terra ma soprattutto per quelle erbe, e sono la maggior parte, il cui tempo balsamico cade appunto nel periodo solstiziale. Ed è proprio in quel mitico incontro di sole e luna che le piante, officinali e medicinali, sembrano esprimere al massimo i propri aromi e presentano la più alta concentrazione di principi attivi in esse contenuti.
La notte della vigilia, ritenuta magica fin dall'antichità e preludio alla Festa in cui tutte le energie della luce e del fuoco, delle acque e dell'aria diventano sinergiche, momento di grande fertilità per uomini e animali, lo è soprattutto per la vegetazione, protagonista di svariati riti. L'erba vecchia vien bruciata attraverso i suggestivi falò o fungalere che illuminano la notte sulle colline prealpine, mentre le erbe nuove, raccolte al massimo della loro valenza energetica e al meglio delle loro virtù curative, assumono una valore aggiunto diventando benauguranti di abbondanza, ricchezza e fortuna, vere e proprie difese dai più temuti guai della vita, almeno per un anno intero.
Si diceva che il mondo femminile potesse avvalersi delle ‘Erbe di San Giovanni ’ per ogni esigenza. Nei tempi passati le giovani spose, proprio la mattina di San Giovanni, si aggiravano nude per i campi per rotolarsi nell'erba intrisa di rugiada, certe che questo bagno nella natura le avrebbe rese più fertili e capaci di generare prole con maggior facilità. Per le ragazze nubili era usanza porne un mazzetto sotto il cuscino la sera della festa per ottenere sogni profetici e presagi sul futuro amoroso e degli affetti in genere. Di solito il mazzolino 'portafortuna' era scaramanticamente composto da erbe in numero dispari , mediamente di sette o nove, reperibili in loco. Non poteva mancare il luminoso Iperico (Hypericum perforatum L.) dai fiori a cinque petali di un impareggiabile giallo splendente, l’ Erba di San Giovanni per antonomasia, molto usato nella medicina popolare perché ricco di molteplici proprietà toniche, stimolanti e antidepressive superiori a quelle dei più noti farmaci di sintesi. La Lavanda o Lavandula spica, nome che deriva dall'uso di aggiungerla all'acqua in cui lavarsi, amante dei terreni sassosi e aridi nelle Alpi Marittime, nel Cuneese e in Provenza, con i minuti fiori blu-violetti da essiccare per profumare la biancheria. Anche detta Spighetta di San Giovanni, calmante e antisettica, insieme a Iperico, Ruta, Rosa, Viola e Rosmarino, è annoverata tra le erbe per la famosa “Acqua di San Giovanni” che le nonne preparavano esponendo alla luna, in una bacinella con acqua di sorgente, fiori e foglie per ottenere, nella notte miracolosa, salute, bellezza, fecondità e lunga vita. Malva, Salvia, panacea di ogni male di cui si dice 'come può morire chi ha la salvia nel proprio orto?', E poi tra le altre aromatiche del luogo, la Mentuccia, digestiva e lievemente afrodisiaca, la Verbena, antidolorifica e per facilitare il parto, la Camomilla selvatica, lenitiva e schiarente per capelli.
Dedicate al Santo, da cui prendono anche il nome, sono poi l’Artemisia comune (Arthemisia vulgaris) o Corona di San Giovanni e l'Arthemisia Absinthium, più nota col nome di Assenzio (detta anche Cinto de San-Jan) dalle proprietà sedative della quale si narra fosse stata donata alle donne da Artemide per regolarne il ciclo e aiutarle nei parti difficili, vietata invece alle puerpere durante l'allattamento per il sapore che conferisce al latte, sgradito ai neonati. L’Asparago di bosco (Aruncus dioicus) o Rosa di San Giovanni, anche noto come Fiore dell'Ascensione ci procura gustosi piatti di rossi “asparagi montani” selvatici e, da giugno, impreziosisce con spolverini bianco-gialli il sottobosco rendendolo meno scuro. Le sue proprietà riconosciute dalla medicina popolare sono espettoranti e febbrifughe. L’Edera terrestre (Hedera Helix) o Cinghia di San Giovanni, rampicante comune su muri, rupi e tronchi d'alberi con nere bacche velenose, adoperata solo per uso esterno in pomate e tinture per capelli, o per rafforzare i legami amorosi, nascosta sotto il letto matrimoniale assicurava ai coniugi eterna fedeltà reciproca.
Il Ribes rosso (Ribes rubrum) anche detto Bacche di San Giovanni o Grappoli di San Giovanni (in Germania), impareggiabile per il succo che se ne trae, in macedonia o trasformato nella classica gelatina favolosa per le crostate, ricco di vitamina C, tonico e digestivo, viene anche chiamato Uva di San Giovanni, denominazione che talvolta viene attribuita altresì all'Uva ursina o al Caprifoglio.E infine l'elegante e misteriosa Felce (Dryopteris filis-mas) che pur priva di infiorescenze viene nella leggenda indicata come il mitico 'Fiore d'oro della notte di San Giovanni' (fiore in questo caso si riferisce al seme perché com'è noto la felce non fiorisce) che a chi lo vede indicherebbe la strada per trovare un tesoro arricchendolo.
Gloria Tarditi sul 'Dragone' - maggio 2021
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