'Viscum
album',
un miracolo della natura che spicca nei boschi invernali, sui rami
spogli, come un verde decoro impreziosito dai tondeggianti chicchi
lunari argentei o dorati a seconda dell'albero su cui si adagia:
meli, peri, abeti,roveri, querce che supportano questo
particolarissimo parassita, anzi semiparassita perché non si nutre
solo di linfa ma anche di clorofilla.
Tradizione
vuole che lu vesc
o visc
(in
occitano e in piemontese) dispensi fortuna, sicuro traghettatore
senza scossoni e guai, dal passato al futuro. Le credenze popolari
attribuiscono infatti alle umide bacche del vischio la capacità di
creare legami duraturi grazie alla collosità dei loro umori che, per
analogia, farebbero da collante nei rapporti
interpersonali...rendendoli indissolubili per almeno un anno
intero!
Pianta
aerea e solstiziale per eccellenza, evocativa di antichi riti solari,
veniva considerata, come tutti i sempreverdi, simbolo
dell'immortalità e della perpetua rigenerazione, doni che l'umanità
scaramanticamente ha sempre vagheggiato nei momenti di cambiamento.
Ritenuto un dono degli dei poiché, non avendo radici a terra, la sua
origine appariva misteriosa e quindi celeste, si credeva che il
vischio fosse originato dal fulmine e quindi ne possedesse le
proprietà di 'fuoco
divino',
mito studiato dall'antropologo J. Frazer nel suo libro più
importante 'IL
RAMO D'ORO'.
Adorato dalle popolazioni gallico-celtiche, in
particolare il vischio quercino venne eletto a panacea di ogni male.
Già Plinio il vecchio ci racconta come gli antichi sacerdoti celti,
i Druidi abbigliati di lino bianco, ne ritualizzassero la raccolta e
per preservarne tutta la magia facevano uso di strumenti preziosi
color del sole, falcetti e bacili d'oro, e non lasciavano cadere i
rami a terra, ma su un candido lenzuolo disteso, per proteggere il
vischio e mantenerlo incontaminato.
Una pia tradizione
cristiana narra che originariamente il vischio sarebbe stato un
albero vero e proprio ma poiché il suo legno venne usato per la
Croce della Passione di Gesù perse le qualità della specie e si
ridusse alla inferiore condizione 'vampiresca' di pianta senza radici
in terra.
A poco a poco venne
poi reintrodotto in Chiesa come segno di pietà e di tolleranza
universale, e si tentò anche di coltivarlo a scopi erboristici. Le
indicazioni terapeutiche più rilevanti riguardano il suo uso
ipotensivo e diuretico, grazie alle proprietà vasodilatatrici
naturali capaci di abbassare la pressione arteriosa e favorire il
circolo.
In Valle Roja,
incantevole sito tra i più antichi d'Europa che unisce le Alpi
Occidentali al mare, la natura selvaggia offre ancora la possibilità
di raccogliere o almeno di vedere sugli alberi il vischio ormai quasi
ovunque protetto. Si tratta infatti di un infestante, ma non per
questo meno prezioso, diffuso nei luoghi più incontaminati e quindi
sempre più introvabile. Come coltivarlo o farlo crescere è impresa
non facile, visto che la sua riproduzione naturale avviene ad opera
degli uccelli, soprattutto dei tordi ghiotti di queste bacche, che
trasportando i semi da un ramo all'altro danno l'avvio allo sviluppo
delle nuove piantine.
E
che dire del bacio degli innamorati sotto il vischio? Questa dolce
ritualità pare si sia diffusa a partire dall'Inghilterra dei Tudor e
degli Stuart. Ma l'augurio più intenso per il brindisi di Capodanno
ci viene, ancora una volta, dalla Provenza. E' lo scrittore Frédéric
Mistral, con un richiamo ai valori della vita secondo la saggezza
popolare, che ci ha tramandato questo augurio.
“Diéu
nous fague la gràci de/vèire l'an que vèn,/ E se nous sian pas
mai, que/noun fuguen pas men”.
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