La Stella Alpina o Steiletto, regina dei fiori di montagna.
“Ogni volta che l’incontro capisco come ogni essere, pianta o animale, altro non sia se non luce materializzata … ma non oso coglierla perché mi pare un’apparizione miracolosa, un’incarnazione terrestre di una stella celeste, un’esplosione di luce pura col bianco dei suoi petali e il giallo solare dei fiori nei capolini” |
Così scrisse Cattabiani nel suo “Erbario simbolico” a proposito della Stella alpina.
E certo non avevamo saputo ammirarla come lui, noi che la prima volta in cui la vedemmo dal vivo eravamo ragazzi, in un’estate di tanti anni fa sulla cima del Sautron durante una camminata con gli amici. La scorgemmo in una fessura di roccia, in quel briciolo di terra di cui si accontenta per crescere fra luglio e agosto.
Non ricordo se allora la raccogliemmo oppure no, ma di certo oggi non avremmo potuto farlo: è specie protetta assai rara, da sempre considerata la “regina dei fiori di montagna” proprio perché cresce nelle zone alpine più difficili da raggiungere, anche oltre i tremila metri di altitudine.
Capace di sviluppare meccanismi di protezione che le consentono di sopravvivere a sbalzi termici anche molto elevati e ad alti livelli di radiazioni solari, il piccolo fiore appartenente alla famiglia delle Asteracee pare una stellina di pezza grigia argento, un po’ pelosetta per resistere a temperature alpine molto rigide. Non teme eccessive perdite d’acqua e questo particolare tradisce la sua originale provenienza da regioni calde ed aride.
In occitano Steiletto (Pons Genre) e Immortèla (nella variante occitano-bernese), mentre il suo nome scientifico Leontopodium, che in greco significa “piede di leone”, si riferisce alla forma del fiore che ricorda vagamente l’impronta artigliare del “re della foresta”.
E certo non avevamo saputo ammirarla come lui, noi che la prima volta in cui la vedemmo dal vivo eravamo ragazzi, in un’estate di tanti anni fa sulla cima del Sautron durante una camminata con gli amici. La scorgemmo in una fessura di roccia, in quel briciolo di terra di cui si accontenta per crescere fra luglio e agosto.
Non ricordo se allora la raccogliemmo oppure no, ma di certo oggi non avremmo potuto farlo: è specie protetta assai rara, da sempre considerata la “regina dei fiori di montagna” proprio perché cresce nelle zone alpine più difficili da raggiungere, anche oltre i tremila metri di altitudine.
Capace di sviluppare meccanismi di protezione che le consentono di sopravvivere a sbalzi termici anche molto elevati e ad alti livelli di radiazioni solari, il piccolo fiore appartenente alla famiglia delle Asteracee pare una stellina di pezza grigia argento, un po’ pelosetta per resistere a temperature alpine molto rigide. Non teme eccessive perdite d’acqua e questo particolare tradisce la sua originale provenienza da regioni calde ed aride.
In occitano Steiletto (Pons Genre) e Immortèla (nella variante occitano-bernese), mentre il suo nome scientifico Leontopodium, che in greco significa “piede di leone”, si riferisce alla forma del fiore che ricorda vagamente l’impronta artigliare del “re della foresta”.
Popolarmente è a tutti nota come Stella Alpina o Edelweiss, quest’ultimo termine dal tedesco “nobile bianc”’ venne usato fin dall’Ottocento nei paesi germanici come nome proprio femminile che si festeggia il primo novembre.
“Cogliere l’Edelweiss”, nelle regioni alpine di lingua tedesca, divenne un sinonimo di ardimento e audacia. “Verso l’edelweiss” ovvero “De cap tà” è un canto occitano bernese composto nel 1978 e ormai appartiene al repertorio tradizionale, come inno alla libertà e all’amore del proprio paese. Nel suo refrain ripete “Haut, Peiròt, vam caminar, vam caminar,/ De cap tà l’immortèla,/ Haut, Peiròt, vam caminar, vam caminar,/ Lo paìs vam cercar.”
Nonostante il sentimento di familiarità che ci lega alla nostra Stella alpina, anche per il grande fascino delle eroiche vette in cui essa trova il proprio spazio vitale, la sua icona popolare ci pare un po’ troppo sfruttata dai marchi pubblicitari (di abbigliamento, birra e altro .. perfino sull’euro austriaco), che ne hanno banalizzato l’immagine, come non avrebbe meritato se l’avessimo potuta ammirare soltanto in natura, nella sua purezza e semplicità esemplare.
“Cogliere l’Edelweiss”, nelle regioni alpine di lingua tedesca, divenne un sinonimo di ardimento e audacia. “Verso l’edelweiss” ovvero “De cap tà” è un canto occitano bernese composto nel 1978 e ormai appartiene al repertorio tradizionale, come inno alla libertà e all’amore del proprio paese. Nel suo refrain ripete “Haut, Peiròt, vam caminar, vam caminar,/ De cap tà l’immortèla,/ Haut, Peiròt, vam caminar, vam caminar,/ Lo paìs vam cercar.”
Nonostante il sentimento di familiarità che ci lega alla nostra Stella alpina, anche per il grande fascino delle eroiche vette in cui essa trova il proprio spazio vitale, la sua icona popolare ci pare un po’ troppo sfruttata dai marchi pubblicitari (di abbigliamento, birra e altro .. perfino sull’euro austriaco), che ne hanno banalizzato l’immagine, come non avrebbe meritato se l’avessimo potuta ammirare soltanto in natura, nella sua purezza e semplicità esemplare.
Forse a causa della difficile reperibilità, la piantina non è mai stata neppure molto usata dalla medicina popolare, salvo che in Tirolo per il trattamento dei dolori addominali e per la tosse.
Di recente ad alcuni suoi componenti, isolati nella radice (fitosteroli, aminoacidi, flavonoidi, ecc.), sono state però riconosciute importanti proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antibatteriche. Soprattutto nella cosmesi per la cura delle tanto temute rughe intorno agli occhi, segno tangibile di vecchiaia in questa società che non sopporta la decadenza fisica e sempre più tende a inseguire il mito di Pan.
Eletta a simbolo del coraggio per lo sprezzo del pericolo che dimostra chi vuol raccoglierla, la Stella alpina, secondo l’erboristeria magica avrebbe il potere di rendere invisibile chi la indossa. Tra le tante leggende che l’accompagnano, la più nota e sconsolante è forse quella della Regina delle nevi, bella e pura per non aver potuto realizzare il suo amore proibito di potersi unire all’uomo di cui era follemente innamorata, solo perché lui era un mortale.
Di qui la trasformazione/punizione ad opera degli dei, in fiore, l’ Edelweiss appunto che nasce in luoghi irraggiungibili per gli esseri umani.
Un insegnamento ambiguo o forse un dis-insegnamento. Certo un pratico avvertimento che nella vita chi aspira a ciò che non può raggiungere deve poi ripiegare sul concreto. Vale a dire che “il meglio è nemico del bene”.
Di recente ad alcuni suoi componenti, isolati nella radice (fitosteroli, aminoacidi, flavonoidi, ecc.), sono state però riconosciute importanti proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antibatteriche. Soprattutto nella cosmesi per la cura delle tanto temute rughe intorno agli occhi, segno tangibile di vecchiaia in questa società che non sopporta la decadenza fisica e sempre più tende a inseguire il mito di Pan.
Eletta a simbolo del coraggio per lo sprezzo del pericolo che dimostra chi vuol raccoglierla, la Stella alpina, secondo l’erboristeria magica avrebbe il potere di rendere invisibile chi la indossa. Tra le tante leggende che l’accompagnano, la più nota e sconsolante è forse quella della Regina delle nevi, bella e pura per non aver potuto realizzare il suo amore proibito di potersi unire all’uomo di cui era follemente innamorata, solo perché lui era un mortale.
Di qui la trasformazione/punizione ad opera degli dei, in fiore, l’ Edelweiss appunto che nasce in luoghi irraggiungibili per gli esseri umani.
Un insegnamento ambiguo o forse un dis-insegnamento. Certo un pratico avvertimento che nella vita chi aspira a ciò che non può raggiungere deve poi ripiegare sul concreto. Vale a dire che “il meglio è nemico del bene”.
Gloria Tarditi
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