sabato 8 dicembre 2018

PASSO LENTO CUOR CONTENTO

Diario di un viaggio a piedi dalla montagna al mare - Mostra a San Giacomo di Boves

Dal 22 dicembre 2018 al 6 gennaio 2019 saranno esposte oltre 50 tavole di Francesca Reinero, grafica e illustratrice cuneese, che l'estate scorsa ha percorso un cammino a piedi dalla montagna al mare, partendo dal borgo montano in cui vive, San Giacomo di Boves fino a Ceriana. Traendo ispirazione da quel viaggio con Diego, ha pubblicato un diario illustrato "Passo lento cuor contento" e stampe firmate e numerate realizzate per questa occasione.

La mostra si terrà nei locali delle ex scuole elementari dedicate a "Adriana Filippi", pittrice partigiana, a S. Giacomo di Boves e sarà visitabile dalle 15 alle 17,30.
L'invito è aperto a tutti, amanti della natura, del cammino e dell'arte.

ALL'IMMACOLATA







 

 la Madonna col bambino nel Presepio vivente a Crava (Cuneo), tre anni fa.

domenica 25 novembre 2018

DEDICATO ALLE DONNE

I boccioli rosa del bellissimo VIBURNO che fiorisce anche all'ombra e nonostante il freddo, dall'autunno all'inverno.

giovedì 22 novembre 2018

LE FESTOSE E COLORATE ZUCCHE CHE RALLEGRANO LA STAGIONE DEL BUIO


Regina d'autunno, quando negli orti e nei giardini di campagna si crea una felice commistione di steli fioriti e ortaggi prelibati dolcemente insidiati da coloratissime dalie, tageti e crisantemi. la Zucca nelle sue numerose varietà con tonalità di giallo, rosso-arancio e viola, ci regala vivaci sprazzi di luce solare. Gioia per gli occhi e per il palato appaga il gusto migliorando anche l'umore di chi risente dell'affievolirsi della luce diurna ( mezzo milione di persone, soprattutto nelle aree settentrionali del mondo, sofferenti per questa particolare forma di depressione detta SAD, acronimo di Seasonal Affective Disorder, ovvero 'disordine affettivo stagionale' che si manifesta con sintomi quali cali di energia, scoraggiamento, malinconia e altro).

Zucche come lanterne, intagliate con volti terrificanti a ricordo della leggenda di Jack O'Lantern, icona della riesumata ' notte di Halloween', fra il 31 ottobre e il 1° novembre, tacciata di importazione oltreoceanica. Ma presso i Celti, che abitarono in epoca precristiana anche le nostre terre, questo periodo di passaggio stagionale costituiva l’inizio d’anno, il mitico Samain di cui resta traccia nei proverbi e nelle usanze popolari.
E poi ancora la zucca come simbolo di fecondità e di rinascita (la carrozza di Cenerentola era una zucca) e i suoi semi, le anime dei morti che sarebbero tornate ogni anno a banchettare nelle loro case proprio ai primi di novembre.

lunedì 29 ottobre 2018

I DOLCI FRUTTI DEI NOSTRI ARBU


CASTAGNE E MARRONI CIBO PER CORPO E ANIMA NELLE FESTE DI OGNISSANTI


I nostri alberi di Castagno ( gli Arbu bovesani) che a giugno spargevano odor di miele dai lunghi amenti color del latte, quest'autunno ci han regalato grossi ricci pieni di tante belle e buone castagne che mai ci saremmo aspettati dopo lo spettro del cinipide fortunatamente sconfitto da un insetto antagonista, tal Torymus sinensis. Introdotto ad arte da nostri scienziati-agronomi scesi in campo conducendo un'efficace lotta biologica, nei boschi in collina tutto sembra tornato come prima.
E' stato un vero dono per tutti la guarigione insperata, in così breve tempo, di questa pianta importantissima. Ai suoi frutti, tra i più utili e 'pazienti nel mondo vegetale', la tradizione popolare attribuiva grandi virtù nutrizionali soprattutto in tempi di carestia quando, trasformati in farina, rimpiazzavano riso, pasta e altri cereali nelle povere tavole di contadini e montanari. Ricchi di carboidrati, forniscono infatti una scorta naturale di vitamine e sali minerali utili al sistema immunitario che, con il freddo, necessita di esser rafforzato.
Castagna, Castagno, Chatagno, Chastanha o Castanha, etc.etc., in occitano, piemontese e nei diversi patois. Tante le varietà locali, tra le più pregiate Carùn neir, Carùn rus (Boves) o le più semplici ma non meno gustose Balote, arrostite come 'caldarroste' o bollite, da provare anche mescolate al latte per un piatto antico molto energetico.
Ai più golosi piace il 'Castagnaccio', prodotto tipico dal sapore particolare, senza parlare dei meravigliosi Marroni o Marrun trasformati nei mitici 'Marrons glacés' , delizie del palato che han fatto assurgere la castagna, cenerentola dei boschi, dalla 'cucina povera' alla 'haute cuisine'.
Costosi e desiderati i pregiatissimi frutti vengono, attraverso una delicata e laboriosa lavorazione, canditi e poi glassati tutti interi senza romperli. Un vero e proprio 'cult' della pasticceria piemontese, nato intorno al '500 nel Cuneese dove si raccoglievano e tuttora si raccolgono i marroni da esportare in tutto il mondo. E come per i grandi vini, anche per i castagni da marroni son state fatte negli anni valutazioni in base al 'cru', ovvero in relazione alla zona geografica e all'esposizione delle terre d'origine in gran parte situate nel nostro bel territorio pedemontano.
Nella medicina popolare del Castagno si faceva uso di ogni sua parte: le foglie molto tanniche, venivano indicate per bronchiti e reumatismi, la corteccia come febbrifugo, ricci e castagne in decotto per le coliche.
Dei fiori si sa che, bottinati dalle api in primavera, producono un miele tra i più amati, di colore scuro e leggermente amarognolo, tonico ed energetico, ma soprattutto adatto ad essere gustato insieme ai formaggi e al salato.
'Togliere le castagne dal fuoco' è un modo per spiegare quello che oggi, con la globalizzazione, si definirebbe un'azione di 'problem-solving'.
Da sempre si è anche creduto che le castagne avessero una relazione con il mondo dell'aldilà. Si pensava che fossero i contenitori delle anime dei trapassati ed era usanza popolare, nelle Valli occitane, piemontesi e in Provenza, consumarle ritualmente durante la festa di Ognissanti e nel giorno successivo dedicato ai Defunti.
Tali credenze, a livello simbolico erano una sorta di interiorizzazione: il cibo dei morti, per una festa sacrale che cade in autunno, momento in cui si fa la raccolta di questi generosi frutti del bosco.
Una curiosa usanza popolare suggeriva, per la sera della vigilia, di mettere sotto il cuscino qualche bel marrone così da scoraggiare gli spiriti che altrimenti, in caso di dimenticanza da parte dei vivi, sarebbero ahimè tornati per tirar i piedi ai dormiglioni di scarsa memoria.


dall'ebook 'A San Giovanni tutte le erbe sono sante'


lunedì 24 settembre 2018

GIA' MI FIORISCE IL COLCHICO AUTUNNALE

'Io nell'immenso voglio
tornare a me,
già mi fiorisce il colchico autunnale dell'anima,
forse è già troppo tardi per tornare.'

Alcuni versi  autunnali della poetessa tedesca Else Lasker-Schuler da 'Fuga dal mondo' in 'Ballate ebraiche e altre poesie' - Giuntina 1985 - traduzione di Maura Del Serra (cantosirene.blogspot.com)


domenica 23 settembre 2018

ELEGANTE E VELENOSO IL COLCHICO ANNUNCIA L'AUTUNNO


Quest'anno in collina il leggiadro Colchico è apparso prima del solito, non ancora iniziato l'autunno astronomico. Nei prati al limite del bosco stilizzati mazzetti di fiori lilla, sparsi qua e là da naturale grazia, illuminati da un sole ora pallido e radente annunciano che “ i migliori giorni son passati”. Anche se ancora tanti sono i doni che la foresta ci riserva in questo periodo ricco di bacche colorate, noci e castagne.
Un po' malinconica la simbologia, fin dall'antichità attribuita al Colchico autunnale, di fiore funerario. Infatti, pur tra i più belli che la flora spontanea ci offre come regalo d'addio nella tarda estate, contiene un pericoloso alcaloide, la colchicina. Recentemente ha mietuto due vittime, marito e moglie veneziani, che durante una passeggiata in montagna, scambiandolo per Zafferano di cui è quasi indistinguibile, ne han fatto uso alimentare.
Originario, come narra il suo nome, della Colchide patria della mitica Medea, localizzata nell'est della Georgia sul Mar Nero, è uno dei fiori spontanei emblema anche dell'unione matrimoniale. E pure su quest'ambivalenza archetipica di ' amore e morte' ( meno psicoanalitico ma divulgato nel detto popolare ' il matrimonio è la tomba dell'amore') si gioca la nomea del piccolo velenoso ed elegantissimo Colchicum autumnale, famiglia delle Liliaceae, anche noto come freddolina, giglio matto, falso zafferano o Zafferano bastardo per la grande somiglianza con la pianta del Crocus sativus da cui si trae la pregiata spezia gialla-oro regina dei nostri risotti.
In occitano Anoulha o Anoulho, Cocut vei (Robilante), Velharòla (Mistral) molto simile al francese Veilleuse o Veillote (forse occitano) dal termine Velha, veglia che iniziava solitamente in autunno e in Provenza il primo settembre a San Lupo (F.Romano).
Curiose anche alcune dizioni popolari piemontesi come sfergiurin-a, fergiulin-a, fridulin-a, ad indicare il fiore che sboccia coi primi freddi, o il più drastico 'strossa can'. Quest'ultima riguarderebbe in modo particolare i cani da caccia che talvolta morivano, si pensa, per l'ingestione spontanea o indotta di questa pianta utilizzata, spesso e volentieri, nelle micidiali polpette per eliminare animali non graditi.
Fortemente tossico, come necessario sottolineare per la presenza di diversi alcaloidi, il principale dei quali la già citata colchicina rappresenta un veleno se ingerito in quantità anche minima: 3 cg. sottotitola alla voce Colchico il Valnet, pari a qualche seme. Per un bimbo potrebbe essere fatale anche un solo seme che, come il bulbo, è la parte della pianta più ricca di alcaloide tossico.
Bovini,cavalli e animali di grossa taglia che pascolano in libertà, raramente se ne cibano mentre pecore e capre, assai resistenti , possono ingerirne senza pericolo ma il loro latte e i formaggi derivati non sono più commestibili.
Un antidoto contro questo potente veleno chiamato 'ephemero', secondo Dioscoride, sarebbe la polpa di castagna. Si dà il caso che colchico e castagna maturino nello stesso periodo e nelle stesse zone sicché possano interagire. Anche in questo abbinamento, certo non casuale, madre-natura ci mostra quella dote di 'buon senso' che spesso vien meno agli esseri cosiddetti razionali.
Oculatissimo, come si può ben capire, l'utilizzo di questa pianta nella farmacopea e nell'omeopatia, affidandone l'uso esclusivamente a medici che lo raccomandano talvolta per la gotta o per preparazioni antitumorali (L.O.Speciani). In quest'ultimo caso l'alcaloide agirebbe come anti-degenerativo delle cellule cancerogene inibendone la moltiplicazione.
Nel libro 'Val Mairo, viéio suhour' di Pietro Ponzo, editato da Coumboscuro, il termine 'Bouvét' tratto dalla tradizione popolare , si riferisce a un particolare impiastro col bulbo di colchico intero, schiacciato fresco, per applicazioni esterne su parti del corpo doloranti per l'irritazione dei nervi. Rassicura in questo caso constatare che anche un veleno - a saperlo usare – può essere di aiuto, a conferma che nella vita “non sempre tutto il male vien per nuocere”.


domenica 16 settembre 2018

E' LA FESTA DI ILDEGARDA

IL 17 SETTEMBRE SI CELEBRA LA GRANDE HILDEGARD VON BINGEN MONACA BENEDETTINA E SCIENZIATA, MUSICISTA E FILOSOFA, NATURALISTA E BOTANICA, VISSUTA NEL X° SECOLO MA ANCOR OGGI DI GRANDE ATTUALITA'.
La data della Festa si riferisce al giorno della sua morte non solo  perchè non si conosce quello della sua nascita, ma anche per indicare che la scomparsa terrena può essere una rinascita verso l'eternità e l'Immortalità.

lunedì 6 agosto 2018

NEL GIRASOLE I SIMBOLI DELL'ESTATE


Se si potesse concentrare in un'immagine la completa maturità dell'estate così come si manifesta nelle nostre belle terre alpine fino alla Provenza, la sua raffigurazione, semplice ed icastica, coinciderebbe col fiore che meglio la rappresenta: il Girasole.
Tournesol, Soleil, Viro-soulèu, Viro-soulèlo o Virasolelhs - come titola anche un lavoro di Sergio Berardo datato 2007 nel venticinquennale del suo storico gruppo musicale i ' Lou Dalfin', mitici protagonisti della rinascita ma soprattutto di un'originale rilettura della musica occitana.
L'Helianthus annuus, così denominato dal Linneo, ha un fusto alto e robusto, foglie alterne e ovali, larghi fiori gialli a grande corolla, nel linguaggio botanico 'enorme capolino', semi ellittici in un cuore largo e scuro contornato da folte e spettinate protuberanze giallo oro.
Un po' naif , come in un disegno/stereotipo del sole fatto da bambini : cerchio centrale con una serie di propaggini, raggi o petali che si allargano all'esterno.
Ridente e bonario. niente è più simile a un piccolo sole in terra e proprio a quest'astro sembra che la pianta appartenga, amandolo a tal punto da orientare la calatide verso di esso e inseguendolo dall'alba al tramonto senza mai distrarsi. Originario delle Americhe, da cui ci giunse circa cinque secoli fa, è ormai naturalizzato in Europa al punto da essere considerato dagli agricoltori un infestante. Solo a guardarlo, nei suoi colori caldi e solari, sprigiona energia e forza vitale.
Simbolo della dedizione incondizionata ( fors'anche di servilismo) dovrebbe aiutarci a riflettere su alcuni aspetti dell'amore. Amato a sua volta incondizionatamente da poeti e artisti, questo fiore, il più celebre fra gli eliotropi, ci ha donato emozioni profonde.
Del girasole, 'impazzito di luce' per sempre consacrato da Montale, Oscar Wilde fece il simbolo del suo movimento culturale. Ne portava uno in mano, vezzosamente, passeggiando per Piccadilly. Van Gogh nella sua casa di Arles in Provenza dipinse gli innumerevoli girasoli recisi nella serie 'in vaso', osservandoli in ogni momento del loro fiorire e sfiorire, profondendo in essi gioia, energia ma anche tormento, attraverso forme e colori densi e innovativi : “sarà una sinfonia di giallo e blu” scrisse al fratello. Così li sognò, trasgressivi e contorti, in quelle estati del 1887 e 1888 ( la maggior parte di queste opere, sette su undici, vennero dipinte proprio in agosto).
Passando dalla medicina dell'anima, in questo caso l'arte, a quella del corpo (certamente complementari), l'utilizzazione di questa pianta solare in fitoterapia riguarda fiori e foglie. Raccomandata per alcune affezioni febbrili, principalmente pleurite e malaria. anche in omeopatia l'helianthus annus viene indicato ancora per malaria e affezioni della milza
Dai semi si estrae un olio molto ricco di acidi grassi polinsaturi, particolarmente raccomandato in cucina, purché sia di prima torchiatura a freddo, utile nei casi di ipercolesterolemia e arteriosclerosi (Valnet)
Decotti, tinture ed estratti fluidi, tra scienza e natura, per curare i malanni.
Ma per aumentare le difese immunitarie - senza controindicazioni - occorre soltanto un po' di humor come quello molto 'british' di Maureen e Bridget Boland, argute scrittrici inglesi che ne 'Il giardino delle vecchie signore' ci narrano: “il girasole vi darà la matematica certezza che il prossimo continuerà a mostrarvi i segni del suo interesse e della sua simpatia. Bisogna avvolgerlo in una foglia di lauro e a un dente di lupo e va colto quando il sole, in agosto, è nel Leone”. Ma aggiungono: “se durante un party piuttosto allegro un audace corteggiatore non si deciderà a concludere malgrado il talismano... toccherà a voi prendere l'iniziativa”





giovedì 12 luglio 2018

ESTATE

 
Alcuni versi da 'Estate' di Cesare Pavese


"C'è un giardino chiaro, fra mura basse,

di erba secca e di luce, che cuoce adagio

la sua terra. E' una luce che sa di mare."

lunedì 21 maggio 2018

A SAN GIOVANNI





In tutti gli Ebook-stores lo potete trovare ! in attesa della festa di San Giovanni un saluto 'solare' a tutti voi che amate le Erbe e i Fiori come me.

martedì 24 aprile 2018

A SAN GIOVANNI


A SAN GIOVANNI TUTTE LE ERBE SONO SANTE


E' disponibile negli Ebook-stores 'A SAN GIOVANNI TUTTE LE ERBE SONO SANTE'
dedicato alla flora spontanea nelle terre occitane, dalle Alpi al mare.
Con un approccio più antropologico che botanico, in questo Ebook disponibile in rete, si propongono miti, storie, leggende,curiosità, interazioni mediche e culinarie, dall'antichità ad oggi, per far meglio conoscere, attraverso  diverse sfaccettature, le meravigliose creature vegetali che con semplicità e generosità accompagnano la nostra vita.
Con colori e profumi ci rallegrano nel quotidiano e nella festa, una presenza gradevole e costante che arricchisce la nostra realtà e, lungo il cammino della vita, ci regala serenità e pace. Ma le piante ci aiutano anche nei momenti bui delle sofferenze: la maggior parte di esse possiede straordinarie  proprietà curative da secoli sperimentate nella medicina popolare e oggi ancor più convalidate dalla scienza”.

Su questì temi l'autrice ha raccolto alcuni suoi  scritti degli ultimi dieci anni per 'Viver meglio' nella rubrica 'Anima e corpo', 'Ousitanio vivo' nella rubrica 'Flors d'Occitania' e 'Il Dragone' nella rubrica 'Di fiore in fiore'.
Pubblicista iscritta all'Albo dei Giornalisti dal 1985, ho collaborato a varie testate di settimanali, periodici e riviste (Astragalo, Cuneo Provincia Granda, Ad Ovest), occupandomi di attualità e cultura.
A questo primo Ebook, (un secondo, per completare l'opera, è già in preparazione), seguirà non appena possibile la relativa stampa in versione cartacea per coloro che preferiscono questa modalità di lettura.







domenica 4 marzo 2018

IL BUCANEVE, fiore della speranza.


Dopo i rigori invernali uno dei primi confortanti indizi che ci comunicano una timida ma sicura ripresa del ciclo vitale in natura, è un piccolo fiore bianco campanulato dalle affusolate foglie glauche nastriformi di rara eleganza. E' il Bucaneve, piantina perenne alta dai dieci ai quindici centimetri, appartenente alla famiglia delle Amarillidacee, che insieme a ellebori, ciclamini e crochi, anticipa l'allegria della primavera. Il suo nome, come evidente, corrisponde del tutto all'operazione connessa al suo schiudersi che avviene bucando letteralmente il terreno nevoso.
Per fortuna ancora presente allo stato spontaneo nei prati e boschi delle Alpi Marittime fino ad altitudini di tutto rispetto (1800 mt), non appena la temperatura si rialza, con il tepore, emana un dolce effluvio lievemente mielato. Grazie a questo sottile profumo è cibo apprezzato dalle api che insieme alle formiche concorrono all'impollinazione ed alla risemina di questo prezioso gioiellino botanico.
Una primavera senza bucaneve porta un'estate senza frutti” recita un detto contadino che attribuisce a questo fiore un presagio di fertilità per le stagioni a venire. L'aspetto delicato e perfino umile, accentuato dal candore dell'infiorescenza pendula, non deve però celare l'incredibile forza insita in questa piccola bulbosa che spinge precocemente le sue foglioline appuntite per emergere alla luce attraverso il suolo ancora indurito dal gelo.
Fiorisce da febbraio ad aprile il Galanthus nivalis, nome botanico dal greco 'fiore di latte e delle nevi' perché allude al candore, alla purezza e alla 'Dea Bianca', l'antica icona della fecondità che ci riconduce alla Luna, alla Terra e alle Stagioni. Anche detto Galantino e Foraneve, rappresenta la speranza e la tenacia nel persistere della vita vegetativa nonostante la stagione avversa, perciò simbolo della consolazione come narra la leggenda che lo vorrebbe creato da un angelo pietoso per riportare sorriso e luce alla disperata Eva cacciata con Adamo dal Paradiso terrestre.
Freidolina a Oncino e Chouqueto a Monterosso, nelle parlate occitane, protagonista di leggende e favole con trasfigurazioni letterarie evocate dai numerosi soprannomi popolari quali Stella del mattino, Lacrima bianca, Goccia di neve, Campanello del lupo, Fiore della purificazione e Campana della Candelora. In questi ultimi due, in particolare, vien conferito al Bucaneve il titolo di 'fiore del due febbraio', giorno in cui le donne, secondo il folclore, ne avrebbero fatto largo uso per adornarsene in segno di purezza. Da Imbolc, celebrata dai Celti per il primo risveglio della natura dedicato alla dea-madre Brigit, fino alla Candelora dei Cristiani che cade quaranta giorni dopo la nascita di Gesù come 'Festa della purificazione' della Vergine dopo il parto, questo fiore era uno dei principali addobbi nelle chiese.
Come spesso avviene per il gioco delle ambivalenze, il Bucaneve è stato considerato, soprattutto nella tradizione anglosassone, anche un 'fiore dei morti' assai diffuso nei cimiteri vittoriani, forse perché, come prodotto erboristico, il Galanthus è considerato moderatamente velenoso.
Dosi eccessive di preparati a base di questa pianta possono dare effetti tossici con importanti sintomi di bradicardia e ipotensione. Pertanto se ne sconsiglia l'uso 'fai da te' mentre in medicina, appositamente trattato in dosi minime, viene indicato soprattutto come analgesico e curativo per il morbo di Alzheimer grazie a un alcaloide in esso contenuto, la galantamina, che ha destato vivo interesse fra studiosi e ricercatori fin dagli anni Cinquanta, perché capace di contrastare il deterioramento cognitivo proprio della malattia neurologica che si è largamente estesa in questi ultimi decenni in tutto il modo occidentale.
Di questa semplice ma pregiata bulbosa molti sono gli estimatori e i collezionisti in tutto il mondo che ne ricercano e apprezzano le numerose varietà, in gran parte cultivar delle venti specie esistenti in natura, visitando social networks e mercati tra i quali la famosa Fiera floricola denominata London Early Spring Plant Fair, dedicata al Bucaneve e organizzata dalla Royal Horticultural Society, che si svolge ogni anno in Inghilterra.








mercoledì 31 gennaio 2018



 Quest'anno il cespuglio di rosmarino addossato alla roccia esposta a sud, sopra la casa di Fifina, è già tutto blu di fiori. Qui in Liguria si sa che i tempi di fioritura sono spesso anticipati a febbraio o marzo, ma trovarlo adesso, insieme alla dorata grazia delle mimose invernali, le 'Gauloises', con emozionanti cromie che rimandano alla grande pittura degli Impressionisti, a gennaio mi sembra davvero eccezionale.


IL ROSMARINO profuma l' anima della terra.

La forza del Rosmarino - che sta bene nell'orto e nel giardino - è la straordinaria capacità di troneggiare, selvaggio o coltivato che sia, in diversi ambienti accontentandosi di terreni aridi purché soleggiati. Il suo habitat originario è marino, da cui il nome 'rugiada di mare' o 'rosa marina', ma non c'è orto collinare o montano che non lo veda sovrano purché ben esposto al sole e al riparo dal freddo, magari accostato a un muretto o nel cortile vicino alla soglia domestica. In questo caso tradizione vuole che l'esplicito messaggio a chi passa sia: 'in questa casa comandano le donne'.
In vaso o in piena terra l'arbusto perenne spicca con regale eleganza per la graficità delle lucide e lineari fogliette di un bel verde scuro, e per il portamento altero dei suoi piccoli rami, eretti o striscianti che siano. Affascinante e sinuoso quando riveste muri a secco in campagna o nelle profumate siepi dove le sommità di minute corolle azzurro-blu, mescolate a rose e ginestrelle con cui nelle zone alte condivide il periodo di fioritura tra maggio e giugno, creano odorose combinazioni di grande fascino.
Anticamente, con straordinaria capacità visionaria, si pensava che il penetrante profumo del Rosmarino contenesse 'l'anima della terra', perciò i terreni in cui esso proliferava erano considerati sacri e protetti da negatività di ogni tipo. Carlo Magno, nel “Capitulare de villis” dell'anno 812, lo fece elencare fra le 74 piante orticole da coltivare, ordinando di metterne di ogni specie nei poderi delle sue numerose regge.
Delle piante aromatiche e medicinali di più antica origine e provata efficacia 'Rosmarinus officinalis' ha ben meritato nel tempo il significato di 'balsamo consolatore' vista la molteplicità delle sue indicazioni per la cura di svariate affezioni: asma, bronchiti croniche, infezioni intestinali, epatismo, reumatismi, emicranie, vertigini e disturbi nervosi.
In quest' ultima prescrizione concorre a rafforzare il senso di identità e l'energia spirituale. E' la 'pianta del ricordo', di cui narrò poeticamente Shakespeare, ma recenti studi avvalorano le sue proprietà di migliorare la memoria, soprattutto quella a lungo termine: la cosiddetta 'memoria prospettica' utile per ricordare gli impegni futuri.
Delle Labiate, tra le altre specie che un po' gli assomigliano - issopo, lavanda, santoreggia - condivide le doti mellifere che conferiscono al prezioso prodotto dell'alveare un sapore particolarmente gradevole, del tipo ' miele di Narbonne', raccomandato dalla medicina popolare per 'rachitici, tisici e debilitati'. Pane, burro e miele, una golosa merenda e un ricostituente di cui noi, bambini del secolo scorso, abbiamo uno squisito ricordo.
Fresco o seccato 'l Rusmarin o Romarin, dal Piemonte alla Provenza, non ha eguali in cucina per i sughi e per insaporire selvaggina o ogni tipo di carne. Insuperabile con pesce, arrosti e bolliti, nel carpione e nel ragù, e in tutti quei piatti prelibati resi più leggeri e digeribili da quella sua inconfondibile nota di freschezza. Tuttavia proprio per il notevole aroma, ricco di canfore e resine che poco concedono ad altre spezie, si consiglia di usarlo 'con parsimonia'. Proprio per questa abbondanza di oli eterei, fin dalla notte dei tempi era bruciato come incenso disinfettante o per le preparazioni alchemiche degli 'elisir di eterna giovinezza'.
Simbolo di ''Vita eterna”, il sempreverde da sempre utilizzato per mantener freschi i cibi grazie alle comprovate proprietà antisettiche e antiossidanti dell'acido rosmarinico, nell'antichità veniva posto anche sulle tombe dei propri Cari.
Con il suo legno si sono realizzati, fino al Medio Evo, strumenti musicali come mandole e viole.
Nella tradizione popolare il rosmarino, insieme a Lavanda, Mentuccia e Iperico, è tra i principali ingredienti della rituale pozione che vien preparata, alla vigilia di San Giovanni durante il solstizio d'estate, mettendo a macero le erbe aromatiche in acqua sorgiva ed esponendole 'en plein air' all'energia cosmica di luna e stelle. Nel pensiero magico, l'Acqua o Rugiada di San Giovanni dona vitalità e fertilità a chi ne fa uso e, soprattutto alle donne, assicura bellezza e salute per l'intero anno a venire.