martedì 23 giugno 2020

I MAZZOLINI 'portafortuna' di SAN GIOVANNI




Il racconto dei mazzolini di erbe usati per propiziare la sorte e allontanare il malocchio ha radici antiche legate ancor prima del San Giovanni, grande ricorrenza di ogni estate, innesto cristiano di riti pagani dedicati al sole. Si festeggia pochi giorni dopo il solstizio, la giornata più lunga dell'anno che cade il 20, come quest'anno, o il 21 giugno. E' proprio in questo breve lasso di tempo, tre/quattro giorni durante i quali il sole sembra 'sostare nel cielo' all'apice del suo ciclo, che l'effetto benefico dei suoi raggi su piante e fiori si fa più potente.

Nel calendario contadino il momento magico era dato anche da quella che veniva detta Luna delle erbe o Luna d'estate, in corrispondenza al novilunio del mese di giugno, una congiunzione astrale foriera di energie rigeneratrici per la terra ma soprattutto per quelle erbe, e sono la maggior parte, il cui tempo balsamico cade proprio nel periodo solstiziale. Ed è proprio in quel mitico incontro di sole e luna che le piante, officinali e medicinali, sembrano esprimere al massimo i propri aromi e presentano la più alta concentrazione di principi attivi in esse contenuti.

La notte della vigilia, ritenuta magica fin dall'antichità e preludio alla Festa in cui tutte le energie della luce e del fuoco, delle acque e dell'aria diventano sinergiche, momento di grande fertilità per uomini, animali, lo è soprattutto per la vegetazione protagonista di svariati riti. L'erba vecchia vien bruciata attraverso i suggestivi falò o fungalere che illuminano la notte sulle colline prealpine, mentre le erbe nuove, raccolte al massimo della loro valenza energetica e al meglio delle loro virtù curative, assumono una valore aggiunto diventando benauguranti di abbondanza, ricchezza e fortuna, vere e proprie difese dai più temuti guai della vita, almeno per un anno intero.

Si diceva che il mondo femminile potesse avvalersi delle ‘Erbe di San Giovanni ’ per ogni esigenza. Nei tempi passati le giovani spose, proprio la mattina di San Giovanni, si aggiravano nude per i campi per rotolarsi nell'erba intrisa di rugiada, certe che questo bagno nella natura le avrebbe rese più fertili e capaci di generare prole con maggior facilità. Per le ragazze nubili era usanza porne un mazzetto sotto il cuscino la sera della festa per ottenere sogni profetici e presagi sul futuro amoroso e degli affetti in genere.

Di solito il mazzolino 'portafortuna' era scaramanticamente composto da erbe in numero dispari , mediamente di sette o nove, reperibili in loco. Non poteva mancare il luminoso Iperico (Hypericum perforatum L.) dai fiori a cinque petali di un impareggiabile giallo splendente, l’Erba di San Giovanni per antonomasia, molto usato nella medicina popolare perché ricco di molteplici proprietà toniche, stimolanti e antidepressive superiori a quelle dei più noti farmaci di sintesi. La Lavanda o Lavandula spica, nome che deriva dall'uso di aggiungerla all'acqua in cui lavarsi, amante dei terreni sassosi e aridi nelle Alpi Marittime, nel Cuneese e in Provenza, con i minuti fiori blu-violetti da essiccare per profumare la biancheria, anche detta Spighetta di San Giovanni, calmante e antisettica. E poi tra le altre aromatiche del luogo, la Mentuccia, digestiva e lievemente afrodisiaca, la Verbena, antidolorifica e per facilitare il parto, la Camomilla selvatica, lenitiva e schiarente per capelli. Malva, Salvia, panacea di ogni male di cui si dice 'come può morire chi ha la salvia nel proprio orto?', Viola e Rosmarino, annoverate anche tra le erbe per “l'acqua di San Giovanni” che le nonne preparavano esponendo alla luna, in una bacinella con acqua di sorgente, fiori e foglie per ottenere, nella notte miracolosa, salute, bellezza, fecondità e lunga vita. Sempre dedicate al Santo, da cui prendono anche il nome, l’Artemisia comune (Arthemisia vulgaris) o Corona di San Giovanni e l'Arthemisia Absinthium, più nota col nome di Assenzio (detta anche Cinto de San-Jan) dalle proprietà sedative della quale si narra che fosse stata donata alle donne da Artemide per regolarne il ciclo e aiutarle nei parti difficili, invece vietata alle puerpere durante l'allattamento perché conferiva al latte un sapore sgradito ai neonati. L’Edera terrestre (Hedera Helix) o Cinghia di San Giovanni, rampicante comune su muri, rupi e tronchi d'alberi con nere bacche velenose, adoperata solo per uso esterno in pomate e tinture per capelli, o per rafforzare i legami amorosi, nascosta sotto il letto matrimoniale assicurava ai coniugi eterna fedeltà reciproca. E infine l'elegante e misteriosa Felce (Dryopteris filix-mas)) che, pur priva di infiorescenze, è nota nella leggenda come il mitico 'fiore d'oro' della notte di San Giovanni: i suoi semi porterebbero ricchezza e abbondanza a chi li trova o addirittura aiuterebbero a scoprire un tesoro.





















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